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Margini e Rotazione: come trovare l’equilibrio perfetto per massimizzare il profitto


Vuoi diventare un imprenditore nel commercio, non commettere uno degli errori più comuni che molto più spesso di quanto pensiamo molti pseudo commerciati commettono.

Spesso mi è capitato di affrontare la vendita b2b con commercianti che non sanno la differenza tra margine e ricarico e soprattutto con comprendono il concetto di marginalità da rapportare alla rotazione, spesso le basi dei ragionamenti del commerciante poco preparato si concentrano sul margine sul singolo prodotto dimenticandosi di considerare un fattore essenziale quale la rotazione per calcolare i propri guadagni. Questo è uno degli errori più comuni che si riscontrano nel mondo del commercio – sia tradizionale sia online – quello di concentrarsi in modo quasi ossessivo sul “margine di guadagno” di un singolo prodotto, trascurando il concetto di “rotazione” (o “turnover”).

In altre parole, molti commercianti si focalizzano sull’ottenere un alto margine su ogni singola unità venduta, ma non prestano sufficiente attenzione al numero di volte in cui questa vendita si ripete in un dato periodo di tempo. Questa miopia può portare a delle conseguenze rilevanti: dal blocco di capitali in magazzino, a una perdita di opportunità di vendita, a un effetto negativo sulla percezione del pubblico, fino a un impatto poco ottimale sui costi fissi, con conseguenze anche disastrose sulle prospettive dell’azienda

Il valore di un prodotto, in termini di profitto complessivo, non deriva infatti soltanto dal margine unitario, ma anche dalla sua velocità di vendita. Un margine più basso può essere comunque molto profittevole se la rotazione è alta; viceversa, un margine molto elevato non garantisce affatto la massimizzazione del profitto, se il numero di pezzi venduti è modesto. Se vogliamo comprendere a fondo il motivo per cui un’azienda con margini apparentemente “più bassi” possa talvolta essere più redditizia di un concorrente con margini più alti, dobbiamo esaminare alcune variabili cruciali: costi fissi, costi variabili, velocità di rotazione del magazzino, flusso di cassa e percezione del prodotto sul mercato.

In questo articolo analizzeremo perché margine e rotazione debbano essere considerati insieme. Faremo alcuni esempi pratici, con numeri alla mano, per mostrare come sia possibile aumentare il profitto totale riducendo il margine unitario ma migliorando la rotazione. Vedremo anche come la questione del margine “troppo alto” possa in certi casi rallentare le vendite, trattenere capitali nel magazzino e aggravare i costi fissi. Infine, valuteremo strategie e suggerimenti per trovare un equilibrio ottimale tra margine e velocità di vendita, in modo da minimizzare le inefficienze e massimizzare i risultati di business.


2. Margine e rotazione: definizioni e differenze fondamentali

Prima di inoltrarci nei calcoli numerici e negli esempi pratici, è bene chiarire alcuni concetti chiave.

  1. Margine unitario: È la differenza tra il prezzo di vendita e il costo di acquisto (o costo industriale) di un prodotto. Se compriamo un oggetto a 10 euro e lo vendiamo a 15 euro, il margine unitario sarà di 5 euro. Spesso si parla di “margine lordo” quando si considerano solo i costi diretti di produzione/acquisto, mentre di “margine netto” o “utile netto per pezzo” quando si considerano anche i costi diretti variabili (come imballaggio, spedizione, eventuali costi di piattaforme e commissioni specifiche, ecc.).
  2. Rotazione (o Turnover): Indica quante volte, in un determinato periodo (generalmente un anno, un trimestre o un mese), si vende e si rinnova lo stock di un certo prodotto. Se in un mese vendiamo 100 pezzi di un articolo, e il nostro stock iniziale era di 25 pezzi, possiamo dire che la rotazione mensile è stata di 4 cicli, perché abbiamo esaurito lo stock quattro volte (100 vendite / 25 pezzi = 4 giri di magazzino in un mese).
  3. L’importanza dell’equilibrio: Se vendiamo un prodotto con un margine elevato ma la rotazione è bassissima, rischiamo di avere il magazzino pieno e di non generare sufficiente flusso di cassa. Al contrario, se il margine è molto basso ma il volume di vendite è alto, il profitto totale – e il flusso di cassa – possono essere in realtà superiori, consentendoci di mantenere i costi sotto controllo e di crescere più rapidamente.

La tensione tra questi due fattori – margine e velocità di vendita – è il punto cruciale in cui molti commercianti sbagliano. Nella pratica, la scelta corretta richiede un’analisi costante del mercato, dei costi, dell’elasticità della domanda, delle strategie dei concorrenti e della capacità di saper differenziare i prodotti.


3. L’impatto sui conti e sui costi fissi

Oltre al margine e alla rotazione in sé, esiste un fattore che grava inevitabilmente su ogni realtà commerciale: i costi fissi. Che si tratti di un negozio fisico o di un e-commerce, ogni azienda sostiene costi che non variano (o che comunque variano poco) con l’andamento delle vendite, come ad esempio l’affitto del locale, gli stipendi del personale amministrativo, le bollette, le licenze software, l’assicurazione, eventuali ammortamenti, e così via.

Più un prodotto ruota, più spesso “contribuisce” a coprire la quota dei costi fissi aziendali. Se infatti un prodotto genera un margine unitario positivo e si vende frequentemente, ognuna di queste vendite aiuta a ripagare, seppur in piccola parte, i costi fissi che l’azienda deve sostenere comunque.

Facciamo un esempio molto semplice, ma che rende bene l’idea:

  • Supponiamo che l’azienda abbia costi fissi mensili pari a 10.000 euro (tra affitto, stipendi, utenze, ecc.).
  • Se riesce a vendere 2.000 pezzi di un determinato prodotto nell’arco di un mese, ciascun prodotto, in un’ottica contabile, “porta con sé” 10.000/2.000​=5 euro di costo fisso.
  • Se il prodotto in questione ha un margine lordo di 5 euro a pezzo, volendo semplificare, potremmo dire che alla fine di ogni mese le vendite di questo articolo ripagano “giusto” la parte di costi fissi, senza generare ulteriore profitto netto (ovviamente, stiamo semplificando molto: nella realtà ci sarebbero altri costi variabili da considerare).

Se i volumi di vendita, invece, fossero solo 1.000 pezzi, l’incidenza dei costi fissi per pezzo salirebbe a 10 euro, rischiando di annullare il margine (o addirittura portare in perdita l’azienda, se il margine unitario è inferiore a 10 euro). Questo esempio mostra chiaramente come la rotazione agisca anche sulla possibilità di ammortizzare e coprire i costi fissi, e come possa giocare a favore del profitto complessivo.


4. Esempi pratici di calcolo

Vediamo ora, con i numeri alla mano, come cambiano i guadagni effettivi a seconda dell’orientamento “alto margine, bassa rotazione” rispetto all’orientamento “basso margine, alta rotazione”. In questi esempi terremo conto di ipotesi semplificate per mantenere chiaro il concetto.

4.1 Esempio 1: Alto margine e bassa rotazione

  • Costo di acquisto: 50 euro a pezzo
  • Prezzo di vendita: 70 euro a pezzo
  • Margine unitario lordo: 20 euro (70 – 50)
  • Volumi venduti in un mese: 100 pezzi
  • Ricavo totale: 70 euro/pezzo * 100 pezzi = 7.000 euro
  • Costo totale di acquisto: 50 euro/pezzo * 100 pezzi = 5.000 euro
  • Profitto lordo (sul venduto): 7.000 – 5.000 = 2.000 euro

Ipotizziamo che i costi fissi mensili dell’azienda siano 5.000 euro. Consideriamo, in maniera estremamente semplificata, che non ci siano altri costi variabili (come commissioni, pubblicità, spedizioni) o, se ci sono, che siano già inclusi in qualche modo nei costi fissi o trascurati a fini dimostrativi:

  • Profitto netto (dopo costi fissi): 2.000 (profitto lordo) – 5.000 (costi fissi) = -3.000 euro

Dunque, nonostante un margine unitario alto (20 euro), il volume di vendite relativamente basso (100 pezzi) non è sufficiente a coprire i costi fissi. L’azienda finisce il mese in perdita di 3.000 euro.

4.2 Esempio 2: Basso margine e alta rotazione

  • Costo di acquisto: 50 euro a pezzo
  • Prezzo di vendita: 60 euro a pezzo
  • Margine unitario lordo: 10 euro (60 – 50)
  • Volumi venduti in un mese: 600 pezzi
  • Ricavo totale: 60 euro/pezzo * 600 pezzi = 36.000 euro
  • Costo totale di acquisto: 50 euro/pezzo * 600 pezzi = 30.000 euro
  • Profitto lordo (sul venduto): 36.000 – 30.000 = 6.000 euro

Se ipotizziamo gli stessi costi fissi di 5.000 euro:

  • Profitto netto (dopo costi fissi): 6.000 (profitto lordo) – 5.000 (costi fissi) = 1.000 euro

Ora, nonostante il margine unitario sia più basso, la rotazione è molto elevata (600 pezzi venduti). L’azienda termina il mese con un profitto di 1.000 euro invece di trovarsi in rosso. Questo esempio evidenzia come una strategia di pricing più aggressiva, che imposti un prezzo di vendita più basso, possa aumentare notevolmente il numero di vendite e, di conseguenza, il profitto complessivo, anche se il guadagno unitario è dimezzato.

4.3 Confronto e interpretazione

Nei due esempi precedenti emerge un dato lampante: un margine (unitario) più basso può generare, sul periodo, un profitto totale più alto. Perché? Perché il concetto chiave è la quantità totale di margine lordo che si riesce a raccogliere. Nella situazione di “basso margine e alta rotazione” (10 euro x 600 pezzi = 6.000 euro di profitto lordo) questo totale di margine lordo copre i costi fissi e produce un utile. Nel caso di “alto margine e bassa rotazione” (20 euro x 100 pezzi = 2.000 euro di profitto lordo) invece non si riesce neanche a coprire i costi fissi.

Naturalmente, si tratta di esempi semplificati. Nella vita reale ci sono molte altre variabili: costi di marketing (per far conoscere i prodotti e attrarre più clienti), costi di spedizione, eventuali resi, differenze di stagionalità, promozioni, contratti con fornitori, e soprattutto l’elasticità della domanda (non sempre abbassare il prezzo raddoppia o triplica le vendite, ed è necessario conoscere bene il mercato di riferimento). Tuttavia, la lezione è chiara: non esistono margini troppo bassi o troppo alti in assoluto, esiste solo la combinazione migliore tra margine e rotazione che, alla fine, massimizzi il profitto netto globale e garantisca un flusso di cassa stabile.


5. La miopia dei commercianti: perché molti guardano più al margine che alla rotazione

Nonostante questa logica sembri intuitiva, moltissimi commercianti continuano a cadere nell’errore di concentrarsi sul margine unitario, piuttosto che sul profitto totale. Perché succede?

  1. Cultura e formazione tradizionale: Spesso i commercianti più “vecchio stampo” sono cresciuti professionalmente in un contesto in cui “guadagnare tanto su ogni pezzo” era considerato sinonimo di buona gestione. Inoltre, può subentrare l’idea (non sempre corretta) che un prezzo più alto dia maggiore autorevolezza al prodotto.
  2. Paura di svendere il prodotto: Ridurre il margine può dare la percezione di “svendere” o “deprezzare” il valore dell’articolo. Alcuni commercianti temono che, abbassando il prezzo, il mercato possa percepire una minore qualità o che non siano più in grado di rialzare i prezzi in futuro.
  3. Difficoltà di analisi dei dati: Calcolare accuratamente la redditività complessiva richiede analisi dettagliate dei costi fissi, costi variabili e volumi di vendita. Molti commercianti non dispongono di sistemi di gestione e contabilità così avanzati o non hanno il tempo e le competenze per interpretare correttamente i dati. Di conseguenza, si fermano a valutazioni superficiali basate esclusivamente sul “quanto ci guadagno a pezzo”.
  4. Mancanza di visione strategica: La rotazione è un concetto che va oltre il singolo prodotto. Significa anche fidelizzare il cliente, aumentare la presenza sul mercato, diventare competitivi rispetto ai concorrenti e generare passaparola positivo. Un commerciante miope potrebbe non vedere immediatamente tutti i vantaggi a lungo termine di un prezzo più competitivo e un volume di vendite più alto.

Comprendere queste dinamiche aiuta a spiegare perché alcuni operatori del commercio, pur avendo un margine unitario elevato, non riescano a crescere o a ottenere profitti soddisfacenti nel lungo periodo.


6. Il ruolo del mercato e l’elasticità della domanda

È importante sottolineare che la strategia di abbassare i prezzi (e quindi i margini) per aumentare la rotazione funziona quando la domanda è elastica. In altre parole, occorre che i potenziali acquirenti rispondano positivamente a una diminuzione di prezzo, incrementando il volume di acquisto. Se, al contrario, il mercato fosse “anelastico” al prezzo (ovvero non reagisce in modo sensibile a variazioni di prezzo), una riduzione del margine potrebbe ridurre il guadagno unitario senza portare a un reale incremento delle vendite. In tali casi, abbassare il prezzo non risolve nulla e può anzi peggiorare la situazione.

La valutazione dell’elasticità della domanda è un passaggio fondamentale nella definizione della politica di pricing. Occorre conoscere il proprio settore, l’offerta della concorrenza, la percezione del brand, il comportamento d’acquisto dei clienti e la posizione del prodotto nel mercato (se è un bene di lusso, se è differenziato, se è “commodity”, ecc.). Un esempio tipico è quello dei prodotti di lusso o di alta gamma: spesso è controproducente abbassare i prezzi, perché il valore percepito del bene è legato anche alla sua esclusività e al suo costo elevato. In altri settori, invece, come prodotti di consumo di massa, l’effetto di una riduzione di prezzo può essere notevole e portare a un sensibile aumento della domanda.


7. Considerazioni pratiche: come ottimizzare la rotazione senza “svendere”

Abbassare i prezzi non significa sempre “svendere” o tagliare i margini in modo indiscriminato. Esistono strategie più raffinate per aumentare la rotazione:

  1. Sconti mirati e promozioni a tempo: Non è necessario ridurre permanentemente il prezzo di listino. Si possono proporre offerte periodiche (ad esempio, durante particolari eventi, stagioni o festività) per stimolare le vendite in quei momenti chiave. Questo permette di incrementare la rotazione in periodi strategici, mantenendo al contempo un prezzo più alto nel resto dell’anno.
  2. Bundle o pacchetti: Vendere più prodotti insieme a un prezzo complessivo leggermente scontato aumenta la percezione di convenienza per il cliente, favorisce l’acquisto di più articoli e incrementa il valore medio dello scontrino.
  3. Servizi aggiuntivi e cross-selling: A volte è possibile mantenere il prezzo del prodotto a un livello competitivo ma guadagnare margine su servizi aggiuntivi (spedizione rapida, garanzie estese, installazione, accessori). Questo può aumentare la rotazione del prodotto base, che ha un margine più contenuto, e far guadagnare di più sui servizi o prodotti correlati.
  4. Differenziazione: Se si riesce a differenziare il proprio prodotto dagli altri (per qualità, design, servizio post-vendita, brand reputation), si può praticare un prezzo leggermente più alto pur mantenendo un buon livello di rotazione, evitando di dover scendere su margini troppo bassi.
  5. Controllo dei costi variabili: A volte, per incrementare il margine lordo, si può agire sull’altro fronte: ridurre i costi di acquisto e i costi variabili, trovando fornitori più convenienti, ottimizzando le spedizioni, migliorando l’efficienza operativa. In questo modo si può mantenere un prezzo di vendita concorrenziale e allo stesso tempo aumentare il margine unitario.
  6. Monitoraggio continuo: È importante analizzare costantemente i dati di vendita, di magazzino e di rotazione. Sapere esattamente quali prodotti girano più velocemente, quali stagnano in magazzino e come variano i costi fissi aiuta a decidere su quali articoli intervenire con azioni promozionali e quali invece sostenere con strategie di marketing diverse.

8. L’effetto sui costi fissi: i numeri in prospettiva

Abbiamo già accennato a come i costi fissi possano gravare in maniera più o meno incisiva a seconda dei volumi venduti. Per comprendere meglio l’effetto di una strategia basata sulla rotazione, può essere utile guardare un esempio più dettagliato.

Immaginiamo un negozio che vende diversi prodotti con una strategia di medio-alta rotazione. Ipotizziamo i seguenti dati semplificati per un solo mese:

  • Costi fissi mensili: 10.000 euro
  • Costo variabile medio per pezzo (comprensivo di costo di acquisto, imballaggio, ecc.): 40 euro
  • Prezzo di vendita medio: 50 euro
  • Margine lordo medio per pezzo: 10 euro (50 – 40)
  • Pezzi venduti: 1.500

Il profitto lordo totale generato dalle vendite sarà:
Margine lordo totale=1.500×10=15.000 \euro\text{Margine lordo totale} = 1.500 \times 10 = 15.000 \ \euroMargine lordo totale=1.500×10=15.000 \euro

A questo punto si sottraggono i costi fissi di 10.000 euro:
Profitto netto (prima delle tasse)=15.000−10.000=5.000 \euro\text{Profitto netto (prima delle tasse)} = 15.000 – 10.000 = 5.000 euro Profitto netto (prima delle tasse)=15.000−10.000=5.000 euro

Se la stessa attività, con gli stessi costi fissi, vendesse però soltanto 500 pezzi (quindi con una rotazione bassa), il margine lordo totale sarebbe:
500×10=5.000 euro500 times 10 = 5.000 euro500×10=5.000 euro

Sottraendo i costi fissi di 10.000 euro, si avrebbe una perdita di 5.000 euro. È evidente come, a parità di costo fisso, la rotazione diventi un fattore determinate per la redditività.


9. Ciclo di cassa e gestione del magazzino

Un altro aspetto spesso trascurato dai commercianti che puntano troppo sui margini alti è il ciclo di cassa. Se i prodotti non ruotano abbastanza velocemente, il denaro resta “immobilizzato” nel magazzino. Acquistiamo merce, paghiamo i fornitori e poi attendiamo settimane o mesi prima di riuscire a vendere tutto. Questo comporta:

  1. Rischio di obsolescenza: Se la merce è stagionale o soggetta a rapida evoluzione del mercato, si corre il rischio di doverla svendere successivamente a prezzi di saldo, bruciando il margine e a volte vendendo sottocosto.
  2. Necessità di maggiore capitale circolante: Per poter affrontare periodi di lento smaltimento del magazzino, bisogna avere liquidità o linea di credito in banca per pagare i fornitori, i dipendenti, l’affitto. Mantenere stock elevati di prodotti ad alta marginalità ma bassa rotazione può mettere in tensione il cash flow.
  3. Costi di magazzino più elevati: Più merce si conserva in magazzino e più a lungo la si tiene, maggiori sono i costi di stoccaggio, gestione, controllo delle giacenze, eventuale assicurazione e così via.

Al contrario, una strategia che mira a una rotazione più elevata tende ad accelerare il ciclo di cassa: la merce viene acquistata, venduta e incassata più velocemente, e con i proventi delle vendite si può già reinvestire per nuovi stock e nuovi prodotti. Questo aumenta la flessibilità finanziaria dell’azienda, riduce il rischio di rimanenze e migliora la capacità di reagire ai cambiamenti del mercato.


10. Strategie di prezzo: come trovare l’equilibrio giusto

Trovare un equilibrio tra margine e rotazione significa definire una strategia di prezzo adeguata al proprio mercato, al proprio posizionamento di brand e ai propri obiettivi di crescita. Alcuni consigli pratici:

  1. Calcolo del punto di pareggio: Bisogna conoscere a fondo il cosiddetto “break-even point”, ovvero il livello di vendite necessario a coprire tutti i costi. Conoscere il break-even permette di impostare politiche di prezzo che garantiscano perlomeno di non andare in perdita.
  2. Segmentazione del mercato: Non tutti i clienti hanno la stessa sensibilità al prezzo. Alcuni sono disposti a pagare di più per avere qualità o servizi aggiuntivi, altri cercano la massima convenienza. Può essere utile differenziare l’offerta, con linee di prodotto o servizi premium e altre più economiche, in modo da soddisfare segmenti diversi.
  3. Testare diversi livelli di prezzo: Invece di fissare un prezzo in maniera arbitraria, è sensato fare test di mercato, per esempio lanciando promozioni temporanee o monitorando l’andamento delle vendite a determinati livelli di prezzo. I dati reali di vendita sono la bussola migliore per capire se si sta vendendo troppo poco (prezzo troppo alto) o si sta perdendo margine inutilmente (prezzo troppo basso).
  4. Monitorare la concorrenza: Se la concorrenza propone prezzi molto più bassi, è fondamentale capire se è possibile abbassarli a propria volta, magari migliorando l’efficienza interna, oppure se è preferibile competere su altri fattori (qualità, servizio, marchio). Non sempre la guerra di prezzi è la soluzione migliore, ma bisogna saper reagire al mercato in modo intelligente.
  5. Pricing dinamico: Specialmente online, sempre più aziende adottano sistemi di “dynamic pricing”, ossia strategie di prezzo che variano in base a diversi fattori (domanda, competizione, scorte, periodo dell’anno). Questo approccio permette di massimizzare la rotazione nei momenti di picco e di ottimizzare il margine quando la domanda è più rigida.

11. Il ruolo del marketing e dell’esperienza cliente

Non bisogna mai dimenticare che la rotazione di un prodotto dipende anche dalla capacità di attrarre i clienti e di soddisfare le loro aspettative. Anche con il miglior prezzo del mondo, se il prodotto non è visibile, non viene comunicato correttamente o non ha un adeguato supporto di marketing, le vendite faticheranno a decollare.

  • Visibilità: Occorre investire in pubblicità, ottimizzare la presenza online, partecipare a fiere o eventi, collaborare con influencer o blogger, e adottare strategie di SEO (Search Engine Optimization) se si vende online. Un prezzo competitivo serve a poco se nessuno conosce il prodotto.
  • Servizio clienti: Fornire un servizio di assistenza pre e post vendita di alta qualità, con politiche di reso chiare e un’attenzione particolare alla soddisfazione del cliente, può fare la differenza e aumentare il passaparola, generando vendite ripetute e fidelizzazione.
  • Branding e reputazione: Anche se l’articolo nasce come commodity, costruire un brand forte può portare a una domanda più costante e a una maggiore disponibilità a pagare un prezzo leggermente più alto, riducendo il bisogno di abbassare eccessivamente i margini.

12. Saper fare di conto è indispensabile alla sopravvivenza dell’azienda

La scelta tra puntare tutto sul “margine a pezzo” o sulla “rotazione” non dovrebbe essere, in realtà, una dicotomia netta. Nel commercio e nel retail, la variabile chiave è trovare il giusto equilibrio che consenta di massimizzare il profitto totale, garantendo al contempo un flusso di cassa regolare e una corretta copertura dei costi fissi.

  • Se un prodotto ha un margine alto ma si vende poco, occorre valutarne la redditività complessiva: quante risorse occupa in magazzino? Quanto immobilizza in termini di capitale circolante? Rischio di doverlo svendere in seguito per mancata vendita?
  • Se un prodotto ha un margine più basso ma un volume di vendite elevato, potrebbe contribuire in modo significativo ai profitti aziendali e aiutare a coprire i costi fissi, lasciando spazio a ulteriore guadagno.

I calcoli empirici mostrano come una riduzione del margine unitario, se accompagnata da un significativo incremento di vendite, possa portare a profitti complessivi maggiori. Questo concetto, seppur intuitivo, spesso viene sottovalutato da commercianti che si focalizzano esclusivamente sul “quanto guadagno a pezzo” e non considerano la domanda di mercato, l’effetto sul magazzino, sui costi fissi e sul ciclo di cassa.

Allo stesso tempo, è importante non generalizzare: in alcuni settori (beni di lusso, prodotti di nicchia con scarsa elasticità di prezzo) può essere più saggio puntare su alti margini e volumi più ridotti, perché quella strategia rispecchia la natura stessa del prodotto e del pubblico. L’analisi di mercato e la comprensione dell’elasticità della domanda sono perciò cruciali.

Per concludere, la miopia di molti commercianti sta nel non rendersi conto che il vero obiettivo non è il margine unitario in sé, ma il profitto globale, ottenuto da un giusto bilanciamento tra margine e rotazione. Una visione più ampia, supportata da analisi di dati e strategie di marketing e pricing ben studiate, permette di trovare la formula vincente: la giusta combinazione di prezzo, volume di vendite e costi di gestione che garantisca la massima redditività e sostenibilità del business nel lungo periodo. Questo può significare, in concreto, abbassare leggermente il margine per puntare su una maggiore rotazione, assicurando un profitto totale ben più elevato rispetto alla strategia di “alta marginalità e pochi pezzi venduti”, riducendo i rischi d’invenduto e migliorando il flusso di cassa.

In un contesto economico in cui la concorrenza è sempre più agguerrita e la velocità di cambiamento dei mercati è elevata, saper ruotare rapidamente i prodotti non è soltanto un modo per guadagnare di più, ma anche per mantenere vivo l’interesse dei clienti, per costruire una reputazione affidabile e per conservare la flessibilità necessaria ad affrontare nuove sfide. Essere troppo rigidi sui prezzi e puntare esclusivamente su margini elevati può portare a ritrovarsi con scaffali pieni e clienti scarsi, con il rischio di ritrovarsi in perdita nonostante ogni singola vendita generi un buon guadagno. D’altro canto, svendere prodotti senza logica, erodendo completamente i margini, può portare a una corsa al ribasso insostenibile.

La vera virtù, come spesso accade, sta nel mezzo: “margine sufficiente” e “buona rotazione” costituiscono la formula magica per molti segmenti di mercato. Analizzare, sperimentare, misurare e ricalibrare di continuo il proprio mix di prodotti e la relativa strategia di pricing diventa la chiave per rimanere competitivi e profittevoli nel tempo.

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