Vuoi diventare un imprenditore nel commercio, non commettere uno degli errori più comuni che molto più spesso di quanto pensiamo molti pseudo commerciati commettono.
Spesso mi è capitato di affrontare la vendita b2b con commercianti che non sanno la differenza tra margine e ricarico e soprattutto con comprendono il concetto di marginalità da rapportare alla rotazione, spesso le basi dei ragionamenti del commerciante poco preparato si concentrano sul margine sul singolo prodotto dimenticandosi di considerare un fattore essenziale quale la rotazione per calcolare i propri guadagni. Questo è uno degli errori più comuni che si riscontrano nel mondo del commercio – sia tradizionale sia online – quello di concentrarsi in modo quasi ossessivo sul “margine di guadagno” di un singolo prodotto, trascurando il concetto di “rotazione” (o “turnover”).
In altre parole, molti commercianti si focalizzano sull’ottenere un alto margine su ogni singola unità venduta, ma non prestano sufficiente attenzione al numero di volte in cui questa vendita si ripete in un dato periodo di tempo. Questa miopia può portare a delle conseguenze rilevanti: dal blocco di capitali in magazzino, a una perdita di opportunità di vendita, a un effetto negativo sulla percezione del pubblico, fino a un impatto poco ottimale sui costi fissi, con conseguenze anche disastrose sulle prospettive dell’azienda
Il valore di un prodotto, in termini di profitto complessivo, non deriva infatti soltanto dal margine unitario, ma anche dalla sua velocità di vendita. Un margine più basso può essere comunque molto profittevole se la rotazione è alta; viceversa, un margine molto elevato non garantisce affatto la massimizzazione del profitto, se il numero di pezzi venduti è modesto. Se vogliamo comprendere a fondo il motivo per cui un’azienda con margini apparentemente “più bassi” possa talvolta essere più redditizia di un concorrente con margini più alti, dobbiamo esaminare alcune variabili cruciali: costi fissi, costi variabili, velocità di rotazione del magazzino, flusso di cassa e percezione del prodotto sul mercato.
In questo articolo analizzeremo perché margine e rotazione debbano essere considerati insieme. Faremo alcuni esempi pratici, con numeri alla mano, per mostrare come sia possibile aumentare il profitto totale riducendo il margine unitario ma migliorando la rotazione. Vedremo anche come la questione del margine “troppo alto” possa in certi casi rallentare le vendite, trattenere capitali nel magazzino e aggravare i costi fissi. Infine, valuteremo strategie e suggerimenti per trovare un equilibrio ottimale tra margine e velocità di vendita, in modo da minimizzare le inefficienze e massimizzare i risultati di business.
Prima di inoltrarci nei calcoli numerici e negli esempi pratici, è bene chiarire alcuni concetti chiave.
La tensione tra questi due fattori – margine e velocità di vendita – è il punto cruciale in cui molti commercianti sbagliano. Nella pratica, la scelta corretta richiede un’analisi costante del mercato, dei costi, dell’elasticità della domanda, delle strategie dei concorrenti e della capacità di saper differenziare i prodotti.
Oltre al margine e alla rotazione in sé, esiste un fattore che grava inevitabilmente su ogni realtà commerciale: i costi fissi. Che si tratti di un negozio fisico o di un e-commerce, ogni azienda sostiene costi che non variano (o che comunque variano poco) con l’andamento delle vendite, come ad esempio l’affitto del locale, gli stipendi del personale amministrativo, le bollette, le licenze software, l’assicurazione, eventuali ammortamenti, e così via.
Più un prodotto ruota, più spesso “contribuisce” a coprire la quota dei costi fissi aziendali. Se infatti un prodotto genera un margine unitario positivo e si vende frequentemente, ognuna di queste vendite aiuta a ripagare, seppur in piccola parte, i costi fissi che l’azienda deve sostenere comunque.
Facciamo un esempio molto semplice, ma che rende bene l’idea:
Se i volumi di vendita, invece, fossero solo 1.000 pezzi, l’incidenza dei costi fissi per pezzo salirebbe a 10 euro, rischiando di annullare il margine (o addirittura portare in perdita l’azienda, se il margine unitario è inferiore a 10 euro). Questo esempio mostra chiaramente come la rotazione agisca anche sulla possibilità di ammortizzare e coprire i costi fissi, e come possa giocare a favore del profitto complessivo.
Vediamo ora, con i numeri alla mano, come cambiano i guadagni effettivi a seconda dell’orientamento “alto margine, bassa rotazione” rispetto all’orientamento “basso margine, alta rotazione”. In questi esempi terremo conto di ipotesi semplificate per mantenere chiaro il concetto.
Ipotizziamo che i costi fissi mensili dell’azienda siano 5.000 euro. Consideriamo, in maniera estremamente semplificata, che non ci siano altri costi variabili (come commissioni, pubblicità, spedizioni) o, se ci sono, che siano già inclusi in qualche modo nei costi fissi o trascurati a fini dimostrativi:
Dunque, nonostante un margine unitario alto (20 euro), il volume di vendite relativamente basso (100 pezzi) non è sufficiente a coprire i costi fissi. L’azienda finisce il mese in perdita di 3.000 euro.
Se ipotizziamo gli stessi costi fissi di 5.000 euro:
Ora, nonostante il margine unitario sia più basso, la rotazione è molto elevata (600 pezzi venduti). L’azienda termina il mese con un profitto di 1.000 euro invece di trovarsi in rosso. Questo esempio evidenzia come una strategia di pricing più aggressiva, che imposti un prezzo di vendita più basso, possa aumentare notevolmente il numero di vendite e, di conseguenza, il profitto complessivo, anche se il guadagno unitario è dimezzato.
Nei due esempi precedenti emerge un dato lampante: un margine (unitario) più basso può generare, sul periodo, un profitto totale più alto. Perché? Perché il concetto chiave è la quantità totale di margine lordo che si riesce a raccogliere. Nella situazione di “basso margine e alta rotazione” (10 euro x 600 pezzi = 6.000 euro di profitto lordo) questo totale di margine lordo copre i costi fissi e produce un utile. Nel caso di “alto margine e bassa rotazione” (20 euro x 100 pezzi = 2.000 euro di profitto lordo) invece non si riesce neanche a coprire i costi fissi.
Naturalmente, si tratta di esempi semplificati. Nella vita reale ci sono molte altre variabili: costi di marketing (per far conoscere i prodotti e attrarre più clienti), costi di spedizione, eventuali resi, differenze di stagionalità, promozioni, contratti con fornitori, e soprattutto l’elasticità della domanda (non sempre abbassare il prezzo raddoppia o triplica le vendite, ed è necessario conoscere bene il mercato di riferimento). Tuttavia, la lezione è chiara: non esistono margini troppo bassi o troppo alti in assoluto, esiste solo la combinazione migliore tra margine e rotazione che, alla fine, massimizzi il profitto netto globale e garantisca un flusso di cassa stabile.
Nonostante questa logica sembri intuitiva, moltissimi commercianti continuano a cadere nell’errore di concentrarsi sul margine unitario, piuttosto che sul profitto totale. Perché succede?
Comprendere queste dinamiche aiuta a spiegare perché alcuni operatori del commercio, pur avendo un margine unitario elevato, non riescano a crescere o a ottenere profitti soddisfacenti nel lungo periodo.
È importante sottolineare che la strategia di abbassare i prezzi (e quindi i margini) per aumentare la rotazione funziona quando la domanda è elastica. In altre parole, occorre che i potenziali acquirenti rispondano positivamente a una diminuzione di prezzo, incrementando il volume di acquisto. Se, al contrario, il mercato fosse “anelastico” al prezzo (ovvero non reagisce in modo sensibile a variazioni di prezzo), una riduzione del margine potrebbe ridurre il guadagno unitario senza portare a un reale incremento delle vendite. In tali casi, abbassare il prezzo non risolve nulla e può anzi peggiorare la situazione.
La valutazione dell’elasticità della domanda è un passaggio fondamentale nella definizione della politica di pricing. Occorre conoscere il proprio settore, l’offerta della concorrenza, la percezione del brand, il comportamento d’acquisto dei clienti e la posizione del prodotto nel mercato (se è un bene di lusso, se è differenziato, se è “commodity”, ecc.). Un esempio tipico è quello dei prodotti di lusso o di alta gamma: spesso è controproducente abbassare i prezzi, perché il valore percepito del bene è legato anche alla sua esclusività e al suo costo elevato. In altri settori, invece, come prodotti di consumo di massa, l’effetto di una riduzione di prezzo può essere notevole e portare a un sensibile aumento della domanda.
Abbassare i prezzi non significa sempre “svendere” o tagliare i margini in modo indiscriminato. Esistono strategie più raffinate per aumentare la rotazione:
Abbiamo già accennato a come i costi fissi possano gravare in maniera più o meno incisiva a seconda dei volumi venduti. Per comprendere meglio l’effetto di una strategia basata sulla rotazione, può essere utile guardare un esempio più dettagliato.
Immaginiamo un negozio che vende diversi prodotti con una strategia di medio-alta rotazione. Ipotizziamo i seguenti dati semplificati per un solo mese:
Il profitto lordo totale generato dalle vendite sarà:
Margine lordo totale=1.500×10=15.000 \euro\text{Margine lordo totale} = 1.500 \times 10 = 15.000 \ \euroMargine lordo totale=1.500×10=15.000 \euro
A questo punto si sottraggono i costi fissi di 10.000 euro:
Profitto netto (prima delle tasse)=15.000−10.000=5.000 \euro\text{Profitto netto (prima delle tasse)} = 15.000 – 10.000 = 5.000 euro Profitto netto (prima delle tasse)=15.000−10.000=5.000 euro
Se la stessa attività, con gli stessi costi fissi, vendesse però soltanto 500 pezzi (quindi con una rotazione bassa), il margine lordo totale sarebbe:
500×10=5.000 euro500 times 10 = 5.000 euro500×10=5.000 euro
Sottraendo i costi fissi di 10.000 euro, si avrebbe una perdita di 5.000 euro. È evidente come, a parità di costo fisso, la rotazione diventi un fattore determinate per la redditività.
Un altro aspetto spesso trascurato dai commercianti che puntano troppo sui margini alti è il ciclo di cassa. Se i prodotti non ruotano abbastanza velocemente, il denaro resta “immobilizzato” nel magazzino. Acquistiamo merce, paghiamo i fornitori e poi attendiamo settimane o mesi prima di riuscire a vendere tutto. Questo comporta:
Al contrario, una strategia che mira a una rotazione più elevata tende ad accelerare il ciclo di cassa: la merce viene acquistata, venduta e incassata più velocemente, e con i proventi delle vendite si può già reinvestire per nuovi stock e nuovi prodotti. Questo aumenta la flessibilità finanziaria dell’azienda, riduce il rischio di rimanenze e migliora la capacità di reagire ai cambiamenti del mercato.
Trovare un equilibrio tra margine e rotazione significa definire una strategia di prezzo adeguata al proprio mercato, al proprio posizionamento di brand e ai propri obiettivi di crescita. Alcuni consigli pratici:
Non bisogna mai dimenticare che la rotazione di un prodotto dipende anche dalla capacità di attrarre i clienti e di soddisfare le loro aspettative. Anche con il miglior prezzo del mondo, se il prodotto non è visibile, non viene comunicato correttamente o non ha un adeguato supporto di marketing, le vendite faticheranno a decollare.
La scelta tra puntare tutto sul “margine a pezzo” o sulla “rotazione” non dovrebbe essere, in realtà, una dicotomia netta. Nel commercio e nel retail, la variabile chiave è trovare il giusto equilibrio che consenta di massimizzare il profitto totale, garantendo al contempo un flusso di cassa regolare e una corretta copertura dei costi fissi.
I calcoli empirici mostrano come una riduzione del margine unitario, se accompagnata da un significativo incremento di vendite, possa portare a profitti complessivi maggiori. Questo concetto, seppur intuitivo, spesso viene sottovalutato da commercianti che si focalizzano esclusivamente sul “quanto guadagno a pezzo” e non considerano la domanda di mercato, l’effetto sul magazzino, sui costi fissi e sul ciclo di cassa.
Allo stesso tempo, è importante non generalizzare: in alcuni settori (beni di lusso, prodotti di nicchia con scarsa elasticità di prezzo) può essere più saggio puntare su alti margini e volumi più ridotti, perché quella strategia rispecchia la natura stessa del prodotto e del pubblico. L’analisi di mercato e la comprensione dell’elasticità della domanda sono perciò cruciali.
Per concludere, la miopia di molti commercianti sta nel non rendersi conto che il vero obiettivo non è il margine unitario in sé, ma il profitto globale, ottenuto da un giusto bilanciamento tra margine e rotazione. Una visione più ampia, supportata da analisi di dati e strategie di marketing e pricing ben studiate, permette di trovare la formula vincente: la giusta combinazione di prezzo, volume di vendite e costi di gestione che garantisca la massima redditività e sostenibilità del business nel lungo periodo. Questo può significare, in concreto, abbassare leggermente il margine per puntare su una maggiore rotazione, assicurando un profitto totale ben più elevato rispetto alla strategia di “alta marginalità e pochi pezzi venduti”, riducendo i rischi d’invenduto e migliorando il flusso di cassa.
In un contesto economico in cui la concorrenza è sempre più agguerrita e la velocità di cambiamento dei mercati è elevata, saper ruotare rapidamente i prodotti non è soltanto un modo per guadagnare di più, ma anche per mantenere vivo l’interesse dei clienti, per costruire una reputazione affidabile e per conservare la flessibilità necessaria ad affrontare nuove sfide. Essere troppo rigidi sui prezzi e puntare esclusivamente su margini elevati può portare a ritrovarsi con scaffali pieni e clienti scarsi, con il rischio di ritrovarsi in perdita nonostante ogni singola vendita generi un buon guadagno. D’altro canto, svendere prodotti senza logica, erodendo completamente i margini, può portare a una corsa al ribasso insostenibile.
La vera virtù, come spesso accade, sta nel mezzo: “margine sufficiente” e “buona rotazione” costituiscono la formula magica per molti segmenti di mercato. Analizzare, sperimentare, misurare e ricalibrare di continuo il proprio mix di prodotti e la relativa strategia di pricing diventa la chiave per rimanere competitivi e profittevoli nel tempo.
Appassionato di lettura di testi storici, in particolare di storia moderna, lettore accanito di notizie, quotidiani. Attento alla citazione di fonti attendibili, nemico di Fakenews e Analfabetismo Funzionale.
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