Piena occupazione: tendenze strutturali e ridotto impatto dei governi
Negli ultimi anni, l’Italia ha registrato un miglioramento significativo nel mercato del lavoro: il tasso di disoccupazione è in costante diminuzione e il numero di occupati è in crescita. Tuttavia, attribuire questo progresso esclusivamente all’operato dei governi di turno è una semplificazione che ignora le dinamiche strutturali del mercato del lavoro, le tendenze demografiche e i mutamenti globali.
Diminuzione della disoccupazione e aumento dell’occupazione
Secondo l’ISTAT, nel settembre 2024 il tasso di disoccupazione è sceso al 6,1%, uno dei più bassi degli ultimi decenni, con un incremento di 301.000 occupati rispetto all’anno precedente. Questi dati positivi non sono legati a riforme straordinarie o a politiche specifiche degli ultimi governi, ma a dinamiche strutturali più profonde:
- Riduzione della popolazione attiva:
- La diminuzione demografica della forza lavoro, legata al calo delle nascite degli anni ’80 e ’90 e all’invecchiamento della popolazione, ha portato a una riduzione del numero di lavoratori disponibili, aumentando la pressione sui datori di lavoro.
- Secondo uno studio dell’OCSE, l’Italia ha una delle popolazioni in età lavorativa più anziane in Europa, con un tasso di crescita della popolazione attiva negativo (-0,7% annuo dal 2015 al 2023).
- Trasformazione del mercato globale:
- La ripresa economica post-pandemia ha aumentato la domanda di manodopera in settori come la logistica, il turismo e l’industria, spingendo le aziende a incrementare le assunzioni anche a fronte di difficoltà nel reperire personale.
Importante capire il contesto e come leggere le statistiche
Il concetto di come il minor numero di lavoratori influisce sulle percentuali di occupati e disoccupati si basa su come vengono calcolati questi indicatori e su come la forza lavoro totale (composta da occupati e disoccupati) interagisce con le dinamiche demografiche ed economiche. Ecco una spiegazione dettagliata:
1. Cos’è la forza lavoro?
La forza lavoro è composta da:
- Occupati: Persone che svolgono un’attività lavorativa, anche minima, per un reddito.
- Disoccupati: Persone che non lavorano ma sono attivamente alla ricerca di un lavoro.
Chi non rientra nella forza lavoro è considerato inattivo, cioè chi, per esempio, non cerca lavoro (studenti, pensionati, persone scoraggiate).
2. La forza lavoro si riduce: meno persone disponibili
In Italia, la forza lavoro sta diminuendo per due motivi principali:
- Calo demografico: La popolazione in età lavorativa (15-64 anni) è in calo a causa delle basse nascite registrate negli ultimi decenni e dell’invecchiamento della popolazione.
- Scoraggiamento o inattività: Alcune persone escono dal mercato del lavoro perché scoraggiate o non interessate a cercare un’occupazione.
Quando la forza lavoro si riduce, il numero totale di persone su cui si calcolano le percentuali di occupati e disoccupati diminuisce.
3. Effetto sul tasso di occupazione
Il tasso di occupazione è la percentuale di occupati sulla popolazione in età lavorativa. Con meno persone nella forza lavoro:
- Il tasso di occupazione può sembrare migliore, anche senza un vero boom di assunzioni, perché il calcolo si basa su una popolazione attiva più piccola.
Ad esempio:
- Se su 100 persone in età lavorativa 60 sono occupate, il tasso di occupazione è il 60%.
- Se, a causa del calo demografico, la forza lavoro si riduce a 90 e 60 persone rimangono occupate, il tasso di occupazione sale al 66,7% senza che il numero di occupati sia cambiato.
4. Effetto sul tasso di disoccupazione
Il tasso di disoccupazione è la percentuale di disoccupati sulla forza lavoro. Con meno persone disponibili al lavoro:
- Il tasso di disoccupazione si riduce più rapidamente, perché c’è un numero minore di persone che cercano lavoro attivamente.
Ad esempio:
- Se su 100 persone nella forza lavoro 10 sono disoccupate, il tasso di disoccupazione è il 10%.
- Se la forza lavoro scende a 90 persone (per calo demografico o inattività), e 10 sono ancora disoccupate, il tasso di disoccupazione sale all’11,1%. Tuttavia, se anche solo 1 persona disoccupata trova lavoro, il tasso scende rapidamente.
5. La dinamica attuale in Italia
In Italia, stiamo osservando questa combinazione di fattori:
- La popolazione in età lavorativa diminuisce ogni anno, influenzata dal calo delle nascite e dalla crescita dei pensionati.
- La forza lavoro si riduce anche per il fenomeno dello scoraggiamento, soprattutto nelle fasce più giovani.
- Nonostante il numero di occupati cresca a ritmi moderati, le percentuali di occupazione migliorano significativamente, proprio grazie al restringimento del denominatore (cioè del totale della forza lavoro).
- Il tasso di disoccupazione diminuisce, anche perché il numero assoluto di disoccupati cala e viene “spalmato” su una forza lavoro ridotta.
Diminuzione del lavoro nero
Un altro fattore che ha contribuito all’aumento degli occupati e alla diminuzione dei disoccupati è la riduzione del lavoro nero. Secondo l’ISTAT, nel 2021 il numero di lavoratori irregolari è stato di circa 2,99 milioni, con un aumento di 73.000 unità rispetto al 2020. Tuttavia, l’incidenza del lavoro irregolare sul totale dell’occupazione è diminuita in tutti i settori di attività, soprattutto nell’agricoltura e nelle costruzioni, dove resta comunque significativa la presenza di lavoratori irregolari.
Influenza minima dei governi
L’idea che il calo della disoccupazione e l’aumento degli occupati siano dirette conseguenze di politiche governative è poco convincente per diversi motivi:
- Ciclicità economica:
- Il miglioramento del mercato del lavoro è in gran parte il risultato della ripresa ciclica dopo la pandemia di COVID-19. Gli indicatori economici globali mostrano una tendenza analoga in molte economie avanzate, indipendentemente dal colore politico dei governi.
- Limiti delle politiche strutturali:
- Le riforme che incidono significativamente sul mercato del lavoro richiedono anni per produrre effetti. Le variazioni rapide e recenti non possono essere attribuite a interventi immediati di un governo.
- Disconnessione dalla crescita salariale:
- L’aumento degli stipendi è un fenomeno legato alla domanda e offerta di manodopera. Gli imprenditori sono costretti a offrire salari più competitivi a causa della carenza di personale, non come conseguenza di politiche dirette.
Critica ai governi che si prendono il merito
Attribuire al governo di turno i miglioramenti del mercato del lavoro è una semplificazione. Per esempio:
- Nel 2022, il governo Draghi ha rivendicato il calo della disoccupazione come un effetto delle sue riforme. Tuttavia, il contesto economico globale e la ripresa post-pandemia spiegano gran parte di quella dinamica.
- Lo stesso è avvenuto con il governo Meloni nel 2024, che ha presentato il miglioramento dei dati ISTAT come una conseguenza diretta delle proprie politiche. Tuttavia, il miglioramento del mercato del lavoro era già evidente in dati preesistenti, non legato a interventi nuovi o specifici.
Conclusione
L’attuale riduzione della disoccupazione e l’aumento degli occupati sono fenomeni guidati principalmente da tendenze strutturali: carenza di manodopera, cambiamenti demografici e ripresa economica post-pandemica. Il calo demografico destinato ad accentuare i suoi effetti nel mercato del lavoro nei prossimi anni è la vera motivazione per la quale siamo destinati alla piena occupazione e non è merito di nessuno.
L’influenza diretta dei governi su queste dinamiche è limitata, nonostante alcuni esponenti politici tentino di accreditarsene il merito.
Riconoscere la complessità del mercato del lavoro è essenziale per evitare facili attribuzioni di successo e per comprendere come affrontare le sfide future, come l’invecchiamento della popolazione e il miglioramento della produttività.
Appassionato di lettura di testi storici, in particolare di storia moderna, lettore accanito di notizie, quotidiani. Attento alla citazione di fonti attendibili, nemico di Fakenews e Analfabetismo Funzionale.