L’analfabetismo funzionale è un fenomeno complesso e diffuso che riguarda persone capaci di leggere e scrivere, ma che hanno difficoltà a comprendere e analizzare criticamente le informazioni, interpretare testi complessi, o mettere in relazione tra loro concetti diversi.
A questa problematica spesso si aggiunge un altro aspetto psicologico e comportamentale: il complottismo. Molti analfabeti funzionali aderiscono a teorie complottistiche poiché queste rispondono al bisogno di trovare spiegazioni semplici a questioni complesse, e spesso confortanti in situazioni di incertezza o disagio. Vediamo perché queste persone tendono a rimanere intrappolate in questo schema mentale.
Prima di tutto è necessario stabilire se sei un potenziale analfabeta funzionale, ricordati che non è improbabile visto che quasi il 30% della popolazione Italiana è un Analfabeta funzionale, la percentuale più alta tra i paesi industrializzati che poco fa sperare sul futuro di questo paese.
Non sei per forza un analfabeta se ti ritrovi in queste statistiche ma inizia comunque a pensare:
Fortunatamente queste percentuali non si sommano e la presenza di complo-negazionisti di poco supera il numero degli analfabeti funzionali, se tri trovi in queste statistiche non è detto che tu sia per forza un analfabeta funzionale inizia a preoccuparti però se hai questi comportamenti o modi di pensare:
Difficoltà di Comprensione del Testo: Faticano a comprendere testi complessi, spesso fermandosi alla lettura superficiale senza cogliere il senso profondo o le implicazioni.
Interpretazione Letterale: Interpretano in modo letterale le parole, non riuscendo a cogliere ironia, sarcasmo, o metafore.
Difficoltà nel Riconoscere Fonti Affidabili: Tendono a fidarsi di fonti non autorevoli o di notizie sensazionalistiche, spesso non verificando l’attendibilità delle informazioni.
Semplicismo nel Ragionamento: Hanno difficoltà a eseguire ragionamenti complessi o a fare connessioni tra idee diverse, preferendo spiegazioni semplici anche per argomenti complessi.
Diffusione di Disinformazione: Condividono con facilità notizie false o allarmistiche, senza verificarle, contribuendo a diffondere disinformazione.
Difficoltà con il Pensiero Critico: Fanno fatica a mettere in discussione le proprie opinioni e tendono a credere a ciò che conferma i loro pregiudizi.
Confusione tra Opinione e Fatti: Spesso considerano le proprie opinioni alla stregua di fatti oggettivi e interpretano le opinioni altrui come fatti concreti.
Incapacità di Sintetizzare Informazioni: Hanno difficoltà a riassumere o a esporre chiaramente informazioni complesse, tendendo a perdersi nei dettagli o a distorcere il contenuto.
Rifiuto della Complessità: Tendono a rifiutare spiegazioni che richiedono riflessione e accettano con facilità risposte semplicistiche anche su argomenti complessi.
Emotività nelle Argomentazioni: Spesso affrontano discussioni in modo molto emotivo, rispondendo in maniera impulsiva e poco razionale.
Tendenza a Semplificare e Generalizzare: Percepiscono realtà complesse come semplici e generalizzano situazioni particolari, formulando conclusioni ampie da pochi esempi.
Il concetto di dissonanza cognitiva spiega in parte la resistenza al cambiamento negli analfabeti funzionali complottisti. La dissonanza cognitiva si verifica quando una persona è esposta a informazioni che contraddicono le sue convinzioni radicate, causando disagio. Per ridurre questo disagio, molti preferiscono ignorare o negare la nuova informazione piuttosto che rivedere il proprio pensiero. Ad esempio, un complottista convinto che i media tradizionali siano controllati da “poteri occulti” tenderà a rifiutare ogni notizia che non si adatti alla sua visione del mondo. La resistenza alla revisione delle proprie convinzioni è il primo ostacolo a un cambiamento di mentalità.
Il bias di conferma è un meccanismo che porta le persone a cercare, interpretare e ricordare informazioni che confermano le proprie credenze, ignorando quelle che le contraddicono. Questo atteggiamento è particolarmente dannoso negli analfabeti funzionali complottisti, che tendono a selezionare solo fonti e informazioni che rafforzano le loro convinzioni, come video su YouTube, post su social media o siti web di dubbia affidabilità. Le teorie complottistiche prosperano in questo ambiente, alimentate dall’illusione di “scoprire la verità nascosta” grazie a fonti alternative. Questo circolo vizioso impedisce l’apertura a fonti più autorevoli e blocca ogni possibile evoluzione intellettuale.
La complessità di molti argomenti – dalla politica alla scienza – richiede capacità di analisi, confronto e critica, competenze che gli analfabeti funzionali spesso non hanno sviluppato pienamente. Le teorie del complotto offrono una spiegazione apparentemente logica e rassicurante, riducendo questioni complesse a narrazioni binarie: buoni contro cattivi, oppressori contro oppressi, “noi” contro “loro”. Questa semplicità è più facile da digerire e si adatta perfettamente alla struttura mentale dell’analfabeta funzionale, che evita così il disagio della comprensione di concetti complessi.
Gli algoritmi dei social media tendono a mostrare contenuti simili a quelli con cui gli utenti interagiscono, creando una “camera dell’eco” in cui le persone sono esposte solo a opinioni e idee che rispecchiano le loro. Per gli analfabeti funzionali complottisti, questo diventa un ambiente ideale in cui sentirsi costantemente confermati, rinforzando e legittimando le loro convinzioni. Ogni tentativo di contrasto da parte di amici o familiari spesso si traduce in un ulteriore irrigidimento delle proprie posizioni, poiché l’ambiente virtuale agisce da rinforzo emotivo, alimentando il senso di appartenenza e legittimazione.
In molti casi, la difficoltà nel discernere informazioni attendibili deriva anche dalla mancanza di una solida educazione al pensiero critico. La scarsa pratica nella valutazione delle fonti e nella comprensione dei testi complessi, unita alla difficoltà nel mettere in discussione le proprie convinzioni, blocca l’analfabeta funzionale nel suo processo di crescita personale e culturale. La critica e il ragionamento logico richiedono allenamento e un supporto educativo adeguato, che non è sempre stato garantito o disponibile.
Le teorie complottistiche rappresentano spesso una forma di resistenza psicologica a una realtà percepita come ostile, incomprensibile o minacciosa. Per molte persone, la sensazione di controllo personale su una realtà complessa e incerta è un bisogno psicologico primario. Gli analfabeti funzionali complottisti si attaccano a queste teorie per sentirsi parte di un gruppo “illuminato” e in possesso di una “verità superiore” che li protegge dalla percezione di vulnerabilità o impotenza. L’aspetto psicologico di gratificazione e appartenenza è un collante che rende difficile uscire da questa mentalità.
L’analfabetismo funzionale e il complottismo costituiscono un circuito chiuso difficile da spezzare. La dissonanza cognitiva, il bias di conferma, la semplificazione e le camere dell’eco sui social media creano un ambiente favorevole alla perpetuazione delle convinzioni errate. A questo si aggiunge una mancanza di educazione al pensiero critico e un forte impulso psicologico a trovare spiegazioni semplici e rassicuranti.
Per interrompere questo circolo vizioso, sono necessari interventi educativi che favoriscano lo sviluppo di competenze di analisi e pensiero critico fin dalla giovane età e campagne informative che aiutino a comprendere l’importanza della verifica delle fonti.
Tuttavia, il percorso è tutt’altro che facile, poiché coinvolge cambiamenti a livello educativo, culturale e psicologico. Finché tali interventi resteranno limitati, è probabile che molti analfabeti funzionali complottisti continueranno a rimanere intrappolati in uno schema mentale di autodifesa, che li allontana dalla realtà e li confina in una visione del mondo distorta e immobile.
Il “cervello rettile”, conosciuto anche come cervello primitivo o sistema rettiliano, è una delle tre componenti principali del cervello umano secondo il modello triune proposto dallo scienziato Paul MacLean. Questo modello suddivide il cervello in tre aree evolutive: il cervello rettile, il sistema limbico e la neocorteccia. Il cervello rettile è la parte più antica dal punto di vista evolutivo, responsabile delle funzioni fondamentali per la sopravvivenza, come le reazioni automatiche, gli impulsi di difesa, la territorialità e la risposta di “lotta o fuga”.
A causa della sua natura, il cervello rettile ha una predisposizione a risposte rapide e semplificate, progettate per garantire la sopravvivenza immediata senza richiedere riflessione profonda o analisi complesse. Questa parte del cervello risponde agli stimoli esterni con risposte veloci e automatiche, una caratteristica adattativa che, nell’ambiente originario dei nostri antenati, era cruciale per reagire a situazioni di pericolo. Tuttavia, questo meccanismo può risultare limitante quando si applica a contesti moderni, dove è richiesta una comprensione più profonda e una valutazione più sfumata delle situazioni.
Il cervello rettile si attiva particolarmente in situazioni che percepiamo come minacciose o stressanti, anche quando queste minacce non sono reali o tangibili, ma piuttosto emotive o sociali. Di fronte a situazioni complesse o ambigue, il cervello rettile può portare alla semplificazione delle risposte, scegliendo tra due opzioni estreme, come “giusto o sbagliato”, “amico o nemico”, senza analizzare le sfumature.
Ad esempio:
Oggi, molte delle risposte e decisioni che ci troviamo a prendere richiedono la partecipazione della neocorteccia e del sistema limbico, le parti del cervello dedicate al pensiero razionale, al ragionamento complesso e alle emozioni. Tuttavia, il cervello rettile può prendere il sopravvento soprattutto in contesti sociali carichi di tensione emotiva o ambiguità, come la politica, i media e le interazioni online. Questa predisposizione si manifesta nella tendenza a cercare risposte immediate e rassicuranti, spesso senza esaminare tutti i fatti o le variabili.
In sintesi, il cervello rettile, con il suo impulso a proteggere e reagire rapidamente, favorisce un approccio semplificato e polarizzante alla realtà, limitando spesso la nostra capacità di interpretare la complessità con mente aperta.
In conclusione le nostre tendenze al negazionismo e al complottismo sono si favorite e accentuane negli analfabeti funzionali ma anche semplicemente dovute alla paura che innesca e rende predominante quella parte di cervello che serve a garantire la nostra sopravvivenza.
Il “cervello rettile”, conosciuto anche come cervello primitivo o sistema rettiliano, è una delle tre componenti principali del cervello umano secondo il modello triune proposto dallo scienziato Paul MacLean. Questo modello suddivide il cervello in tre aree evolutive: il cervello rettile, il sistema limbico e la neocorteccia. Il cervello rettile è la parte più antica dal punto di vista evolutivo, responsabile delle funzioni fondamentali per la sopravvivenza, come le reazioni automatiche, gli impulsi di difesa, la territorialità e la risposta di “lotta o fuga”.
A causa della sua natura, il cervello rettile ha una predisposizione a risposte rapide e semplificate, progettate per garantire la sopravvivenza immediata senza richiedere riflessione profonda o analisi complesse. Questa parte del cervello risponde agli stimoli esterni con risposte veloci e automatiche, una caratteristica adattativa che, nell’ambiente originario dei nostri antenati, era cruciale per reagire a situazioni di pericolo. Tuttavia, questo meccanismo può risultare limitante quando si applica a contesti moderni, dove è richiesta una comprensione più profonda e una valutazione più sfumata delle situazioni.
Il cervello rettile si attiva particolarmente in situazioni che percepiamo come minacciose o stressanti, anche quando queste minacce non sono reali o tangibili, ma piuttosto emotive o sociali. Di fronte a situazioni complesse o ambigue, il cervello rettile può portare alla semplificazione delle risposte, scegliendo tra due opzioni estreme, come “giusto o sbagliato”, “amico o nemico”, senza analizzare le sfumature.
Ad esempio:
Oggi, molte delle risposte e decisioni che ci troviamo a prendere richiedono la partecipazione della neocorteccia e del sistema limbico, le parti del cervello dedicate al pensiero razionale, al ragionamento complesso e alle emozioni. Tuttavia, il cervello rettile può prendere il sopravvento soprattutto in contesti sociali carichi di tensione emotiva o ambiguità, come la politica, i media e le interazioni online. Questa predisposizione si manifesta nella tendenza a cercare risposte immediate e rassicuranti, spesso senza esaminare tutti i fatti o le variabili.
Durante la pandemia di COVID-19, la risposta di molte persone è stata influenzata dalla predominanza del cervello rettile, che ha contribuito a reazioni rapide e, spesso, semplificate nei confronti delle informazioni sul virus, dei rischi sanitari e delle misure di prevenzione. Questo meccanismo primitivo, progettato per reagire rapidamente a situazioni percepite come minacciose, ha condotto alcuni a interpretare il COVID-19 e le campagne vaccinali in modo polarizzante e spesso emotivo, riducendo la possibilità di un’analisi critica dei dati scientifici disponibili.
Di fronte all’incertezza e all’ansia legate alla pandemia, molte persone hanno attivato una risposta rettiliana. Quando il cervello rettile prende il sopravvento, si cerca spesso di ridurre la complessità della situazione attraverso risposte veloci, rassicuranti e binarie, come “sicuro o pericoloso” o “verità o menzogna”. Questa reazione ha portato molti a cercare spiegazioni facili per capire un evento complesso e imprevedibile come la pandemia.
La reazione rettiliana al COVID-19 si è manifestata in diverse modalità:
Per i no-vax, la percezione dei vaccini come una “minaccia” al proprio corpo o alla propria autonomia ha attivato il cervello rettile, che ha reagito con difesa e resistenza al cambiamento. Molte delle persone appartenenti a questo movimento vedono le campagne vaccinali come un tentativo di invasione del proprio “territorio”, un’influenza esterna percepita come pericolosa.
Alcuni tratti rettiliani che possono essere associati alla risposta no-vax includono:
I media e i social network hanno amplificato la risposta rettiliana alla pandemia, contribuendo alla diffusione di notizie e informazioni polarizzate e spesso sensazionalistiche. L’architettura dei social media è progettata per favorire reazioni rapide e di pancia, stimolando il cervello rettile piuttosto che il pensiero critico della neocorteccia. Questo ha rafforzato le convinzioni di coloro che, presi dalla paura o dalla sfiducia, cercano spiegazioni semplici e alternative, rifiutando le versioni ufficiali.
In conclusione, il cervello rettile ha avuto un ruolo significativo nella risposta di molte persone alla pandemia e ai vaccini, spingendole a cercare risposte rapide e semplificate e spesso a diffidare delle autorità e delle informazioni scientifiche. Affrontare questa predisposizione richiede, però, di comprendere questi meccanismi di base e di lavorare per favorire una maggiore capacità di pensiero critico e di gestione dell’ansia, che permetta una valutazione più complessa e informata della realtà.
In sintesi, il cervello rettile, con il suo impulso a proteggere e reagire rapidamente, favorisce un approccio semplificato e polarizzante alla realtà, limitando spesso la nostra capacità di interpretare la complessità con mente aperta.
Naturalmente non è impossibile che un analfabeta funzionale, negazionista, complottista non possa cambiare ma limiti fisiologici, culturali e sociali difficilmente lo predispongono ad uscire da questo tunnel.
Appassionato di lettura di testi storici, in particolare di storia moderna, lettore accanito di notizie, quotidiani. Attento alla citazione di fonti attendibili, nemico di Fakenews e Analfabetismo Funzionale.
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